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Attentato allo Stadio Olimpico
Lo Stadio Olimpico
Stato ITA
Luogo Via dei Gladiatori, Roma
Obiettivo I carabinieri e gli spettatori in uscita dallo Stadio Olimpico di Roma
Data 31 ottobre 1993
Pomeriggio
Tipo Autobomba
Morti nessuno
Feriti nessuno
Responsabili Cosa Nostra
Motivazione Intimidazione/Assassinio

L'Attentato allo Stadio Olimpico o fallito attentato allo Stadio Olimpico, fu una mancata azione dinamitarda compiuta il 31 ottobre 1993 a Roma tramite l'esplosione di un'autobomba in via dei Gladiatori, a pochi passi dallo Stadio Olimpico. Il fallito attentato avrebbe dovuto colpire centinaia di spettatori in uscita dallo stadio al termine della partita fra Lazio e Udinese e i carabinieri in servizio che proprio in quella via hanno il punto di concentramento. Il telecomando a distanza era pronto ad essere attivato all'uscita degli spettatori, ma qualcosa andò storto e l'attivazione a distanza dell'ordigno non funzionò. [1]

Il colpo fallito[]

La bomba era composta da circa 120 kilogrammi di chiodi e tritolo collocati in una Lancia Thema in via dei Gladiatori.[2] L'autobomba doveva essere fatta esplodere per mano di un telecomando a distanza al passaggio di due autobus dei carabinieri. Quel clic però andò a vuoto, qualcosa non funzionò nell'attivazione a distanza e Cosa Nostra fu costretta a far sparire l'auto e l'esplosivo che fu poi fatto ritrovare nascosto sotto terra all'inizio del 1994 a Capena dove il pentito Antonio Scarano aveva affittato una casa. Questo attentato doveva essere il penultimo dei sette che Cosa Nostra pianificò e realizzò fra l'aprile del 1993 e l'aprile del 1994.

L'attentato doveva essere il "colpo di grazia" fra la trattativa Stato-mafia, come affermato dal pentito Gaspare Spatuzza. Doveva essere una strage di carabinieri e innocenti spettatori accorsi a vedere la partita, tutto questo per rivendicare l'abolizione dell'articolo 41 bis.[3]

Indagini[]

La macchina non esplose e rimase lì, posteggiata a lungo prima di essere rimossa. All'inizio non si conosceva la data precisa del fallito attentato e il motivo per cui la Thema non saltò in aria.

Il procuratore nazionale Antimafia, Pier Luigi Vigna, nel corso dell'audizione davanti alla Commissione Parlamentare Antimafia, nel Luglio 2002 così descrisse il fatto circa il fallito attentato di Cosa Nostra allo stadio Olimpico, fissato per il 31 ottobre del 1993. "Siamo finalmente riusciti - ha spiegato Vigna - ad individuare in modo esatto la data di quella che avrebbe potuto essere una strage. La macchina piena di esplosivo era al suo posto ma l'innesco, malgrado fosse stato dato l'impulso, non funzionò".

Il 4 dicembre 2009 il pentito e collaboratore di giustizia, Gaspare Spatuzza, affermò che il giorno dell'attentato lui e Benigno (altro mafioso) erano appostati sul Monte Mario. Benigno, al passaggio dei carabinieri, diede l'impulso al telecomando ma non funzionò e l'attentato fallì. Provò diverse volte, ma quando le forze dell'ordine si erano già distanziate, Spatuzza gli ordinò di smettere. Confermò che l'attentato allo stadio Olimpico doveva essere il "colpo di grazia" e parlò dei legami fra la Famiglia Graviano, Silvio Berlusconi e il "compaesano" Marcello Dell'Utri.[4]

Note[]

Collegamenti interni[]

  • Cosa Nostra
  • Trattativa tra Stato italiano e Cosa nostra
  • Bombe del 1992-1993

Collegamenti esterni[]




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